N° 27970 - 19/04/2015 18:22 - Stampa - -

DISCUSSIONE DELLA SETTIMANA

L’ordine dei geologi: “I costi dell’emergenza costa 5 volte di più della prevenzione”

«In media ogni mese vengono segnalati all’Ordine dai 4 ai 5 bandi da controllare ed almeno il 90 % di questi non è corretto, si assiste quasi sempre ad una sottovalutazione pressoché costante della figura del geologo. Il decreto parametri (Decreto 143/2013) non viene applicato e la stragrande maggioranza dei bandi sono gare con unico parametro di valutazione il solo ribasso economico senza alcun peso o peso minimale per la qualità dell’offerta. L’abolizione dei minimi tariffari ha avuto l’effetto di produrre ribassi selvaggi con la prevedibile conseguenza di una qualità del lavoro non sempre adeguata. E proprio quando il dissesto idrogeologico e le problematiche sismiche cominciano a essere riconosciute come importanti criticità dell’Italia, la categoria continua a vivere un disagio, una marginalizzazione difficilmente giustificabile».

È l’allarme lanciato dal presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana, Maria Teresa Fagioli, al convegno «La geologia oggi … e domani?» che si è tenuto oggi a Firenze al quale hanno partecipato il presidente nazionale dell’Ordine, Gian Vito Graziano e i presidenti degli Ordini dei Geologi Regionali delle regioni continentali che si affacciano sul Tirreno: Liguria, Lazio, Campania e Calabria. I numeri del dissesto. A fare da corollario all’incontro, i dati sul dissesto.

I costi dell’emergenza sono da 3 a 5 volte maggiori rispetto ai costi della prevenzione. Solo dal 2010 al 2013, il costo del dissesto è stato pari a 7,5 miliardi di euro, con una media di 2,5 miliardo di euro all’anno. Il 9,8% della superficie del Paese, pari a 29.517 kmq, è a potenziale rischio idrogeologico.

I Comuni interessati sono 6.633, circa l’82% dei Comuni italiani e gli abitanti che vivono in aree a elevata criticità idraulica sono 6 milioni. Negli ultimi 25 anni le vittime del dissesto sono state 1.000, il 12% delle frane ha causato danni a cose e persone. Solo nel 2014, anno horribilis per la sicurezza idrogeologica, ci sono stati 33 morti per frane e inondazioni e circa 10.000 sfollati. Gli eventi che hanno causato morti, feriti, sfollati e senzatetto hanno colpito 220 comuni in 19 delle 20 Regioni italiane. Il geologo paladino del territorio. È Il presidente nazionale Gian Vito Graziano a spiegare l’essenza della professione e del ruolo dei geologo. «Negli ultimi anni la figura del geologo si è rafforzata come sentinella dell’ambiente in senso ampio. Abbiamo assunto una matrice ambientale che dovrebbe salvaguardare il territorio da interessi speculativi.

La nostra professione nasce per la ricerca di materia prima, acqua, petrolio, adesso ha una accezione a più ampio spettro. Abbiamo abbandonato la ricerca del petrolio per concentrarci sulla valorizzazione, tutela e ricerca idrica e abbiamo abbracciato la geotermia di bassa entalpia. Tra i nuovi aspetti della professione, c’è quello della difesa e valorizzazione del paesaggio, dello sfruttamento delle geodiversità a anche a scopi culturali, la geodiversità che diventa attrattiva. In Italia, il geologo non è legato al privato, siamo visti come paladini del territorio» Non si può fare a meno del geologo. Tutte regioni che, come la Toscana, hanno territori di alta valenza ambientale, costieri altamente turistici e zone montuose e collinari con gravi problemi di rischio idrogeologico. «E’ un momento difficile per l’Italia in generale e per i geologi nello specifico», continua Fagioli. «Sembra infatti che, in nome di generalizzate quanto illusorie economie, sia in atto una marginalizzazione che si accanisce su ogni settore della geologia. Gli accademici vedono falcidiare i Dipartimenti di Scienze della Terra per una normativa miope che valuta l’importanza di una disciplina in base al numero degli studenti o dei docenti. Ai ricercatori i fondi vengono stornati o arbitrariamente ridotti, i pubblici dipendenti sono marginalizzati o trasferiti a compiti impropri. I iberi professionisti subiscono una drastica contrazione degli incarichi per la crisi delle attività imprenditoriali e degli investimenti pubblici».

Un quadro nel quale si assiste a «irrazionali tentativi di tacitarci per fame, quasi che così disastri e dissesti, diventati da eccezione, norma in un territorio lungamente trascurato e mal gestito, cessassero di esistere perché nessuno è più in grado di riconoscerne i segni premonitori, prevenirli, capirli, individuarne i responsabili». Manca la cultura geologica. A dirlo è Fulvio Iadarola presidente del Friuli Venezia Giulia. «Prima di qualsiasi intervento ci vuole la conoscenza del sottosuolo, dell’area». E poi «si preferisce lavorare sull’emergenza mentre si lavora molto poco sulla prevenzione. Anche in Friuli, dove la protezione civile è al top, ma ci si basa sul loro appoggio ad evento avvenuto. È un soccorso, e non mi importa essere estratto salma dalla macerie in poco tempo, è che non voglio proprio diventare salma».

In Calabria 220 milioni di euro non spesi, rischiano di essere persi. È amareggiato Francesco Fragale presidente della Calabria. «Non c’è la sensibilità verso i rischi, in Italia negli ultimi anni il consumo di suolo in Italia è cresciuto a una media di 8 metri quadrati al secondo. Adesso ne paghiamo i danni. La mancanza di cultura della prevenzione si vive anche in Calabria. Tutti i 409 Comuni della regione hanno un’area classificata a rischio idrogeologico e sono state censite 9mila frane. Siamo la regione a più elevato rischio sismico del bacino del Mediterraneo, che detiene con la Toscana il primato del rischio idrogeologico, ma non riesce a spendere 220 milioni di euro previsti per finanziare 135 progetti di messa in sicurezza. Sono passati 4 anni e adesso rischiamo di perderli questi finanziamenti». Investire in prevenzione, ma non è conveniente per la politica. La dura presa di posizione arriva da Francesco Peduto presidente dell’Ordine della Campania. «

È una situazione generalizzata in tutta Italia, paghiamo il fatto di essere una professione giovane. Quando succede un disastro è perché non c’è stata prevenzione. Per la politica non è conveniente investire in prevenzione, ma porta più voti andare in televisione il giorno dopo e dire “ecco i soldi”. Il problema, poi, è che certe norme che vengono eluse perché mancano gli stanziamenti. Come per fare prevenzione, non ci sono finanziamenti e allora si elude la norma. Basta vedere quello che è successo dopo Sarno. Era l’occasione per dare una sterzata, per fare piani che non rimangano carta straccia in un cassetto, ma non è stato fatto niente. Non viene finanziata la difesa del suolo». Ribassi anche del 100% mettono a rischio le opere. In troppi casi, la professione del geologo è al ribasso a volta anche gratuita. Come racconta Roberto Troncarelli presidente del Lazio. «Sono ormai abbastanza frequenti ribassi del 100% praticati da professionisti che caduti i veti normativi non hanno più minimi tariffari da rispettare. Fanno un lavoro solo per farsi pubblicità e farsi una clientela. Ma a questa consulenza a costo zero, corrisponde una scadente qualità del lavoro e una sicurezza delle opere molto bassa». Nel Lazio poi, si taglia anche il servizio sismico e geologico della Regione. «Lo hanno soppresso con la scusa di una falsa riduzione della spesa.

In realtà era l’unico servizio che faceva prevenzione, ma a livello politico e a livello amministrativo la prevenzione non paga come consenso». Nelle conclusioni, la presidente Fagioli sottolinea come «c’è ancora molto da fare perché una scienza ed una professione fondamentali per la pubblica incolumità e per la tranquillità della cittadinanza possano non solo sopravvivere, ma vedersi assegnate anche in Italia, e in Toscana quei ruoli che vengono loro già riconosciuti nella totalità delle nazioni avanzate e nella stragrande maggioranza di quelle in via di sviluppo.

I geologi toscani continueranno ad impegnarsi perché ciò sia fatto».

 

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