N° 25522 - 05/08/2014 8:37 - Stampa - -

DISCUSSIONE DELLA SETTIMANA

Incentivi per la progettazione interna, pericolo di aumento con il Dl Pa Lo scrive il Servizio Bilancio della Camera. Il nuovo schema, che gira attorno a un fondo unico, è in larga parte basato sui regolamenti delle singole amministrazioni di Giuseppe Latour

Pericolo di un aumento del denaro destinato alla progettazione. Lo scrive il Servizio Bilancio della Camera nell’analisi degli effetti del nuovo articolo 13 bis del decreto n. 90/2014, appena convertito da Montecitorio, che disciplina in maniera diversa rispetto al passato il sistema degli incentivi ai dipendenti della Pa. Il nuovo schema, che gira attorno a un fondo unico, è infatti in larga parte basato sui regolamenti delle singole amministrazioni. Senza orientarne i contenuti in anticipo, potrebbe accadere che la spesa per la progettazione delle Pa, alla fine, aumenti anziché restare invariata o diminuire.

 Per capire cosa è accaduto agli incentivi alla progettazione nel corso di questo passaggio parlamentare bisogna partire dai lavori della Camera. La commissione Affari costituzionali si è trovata tra le mani un articolo 13 che, sostanzialmente, aboliva l’incentivo solo per i dirigenti della Pa, “in ragione dell’onnicomprensività del relativo trattamento economico”. La norma, criticata da più parti, andava emendata. Così, all’inizio della discussione della legge di conversione è spuntata fuori una modifica, appoggiata da Governo e relatore, che aboliva completamente i commi 5 e 6 dell’articolo 92 del Codice appalti, abrogando di fatto l’incentivo alla progettazione. Moriva così il 2% dell’importo posto a base di gara diviso tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori.

 

Dopo avere compreso esattamente cosa avevano appena votato, però, sono stati gli stessi deputati della commissione Affari costituzionali a decidere che la questione non poteva andare in archivio in questo modo. E hanno sollecitato che il problema fosse riesaminato. Così, con una soluzione piuttosto creativa, il relatore Emanuele Fiano ha lasciato ferma l’abrogazione dell’articolo 13, ma si è inventato un nuovo articolo 13 bis, che istituisce l’incentivo in una nuova forma, facendolo risorgere dalle sue stesse ceneri.

Il cambiamento prevede che le risorse, che continuano ad essere pari, al massimo, al 2% degli importi posti a base di gara di un’opera o lavoro, vengano fatte confluire da ogni amministrazione in un fondo denominato “Fondo per la progettazione e l’innovazione”. In sostanza, il rapporto non si esaurisce più all’interno della singola opera, ma viene allargato a quello che ogni anno ciascuna amministrazione spende in opere pubbliche. Questo pacchetto di fondi andrà impiegato in due direzioni. La prima, e più pesante, è quella degli incentivi alla progettazione: l’80% di questo denaro viene ripartito, per ciascuna opera e lavoro, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori. Il restante 20% delle risorse “è destinato all’acquisto, da parte dell’ente, di beni, strumentazioni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione, banche dati per il controllo ed il miglioramento della capacità di spesa, ammodernamento/efficientamento dell’ente e dei servizi ai cittadini”.

 

Queste sono le linee generali. Alcuni meccanismi risultano, però, ancora poco chiari. Su molti punti, infatti, l’articolo 13 bis fa riferimento a un regolamento emanato dalla stessa amministrazione, che dovrà andare a tappare una serie di falle della normativa, integrandola. Ad esempio, dovrà fissare la percentuale effettiva di incentivo da stanziare per ogni opera, dovrà stabilire le modalità di riparto tra chi partecipa alla progettazione e, soprattutto, dovrà decidere “i criteri e le modalità per la riduzione delle risorse finanziarie connesse alla singola opera o lavoro a fronte di eventuali incrementi dei tempi o dei costi previsti dal quadro economico del progetto esecutivo”. In pratica, in caso di ritardi o aggravi di costo, l’incentivo dovrebbe, almeno in teoria, essere tagliato.

 

Proprio questo regolamento solleva le maggiori perplessità. Se, infatti, l’idea generale della nuova norma sembra abbattere l’incentivo di un quinto, destinando questo denaro risparmiato a investimenti, il risultato finale non pare garantito. Il motivo è che le amministrazioni dovranno scriversi le regole da sole. E potrebbe prevalere la volontà, a beneficio dei propri dipendenti, di mantenere le cose come stanno, garantendo nei fatti gli stessi bonus che si pagavano prima, senza operare tagli.

E non si tratta di un pensiero malizioso. Il Servizio Bilancio della Camera, infatti, ipotizza addirittura che la norma possa appesantire il carico dei conti pubblici. “Al riguardo – scrive nella documentazione di accompagnamento al decreto – andrebbero forniti chiarimenti sui profili finanziari della disposizione. Infatti, la previsione di un fondo, a valere sulle somme stanziate per la realizzazione delle opere, da destinare in parte a forme di incentivo per il personale incaricato dei lavori di progettazione e direzione delle opere e in parte alla realizzazione di banche dati, potrebbe determinare un aumento complessivo del costo di realizzazione delle opere”. Il motivo è che “non è previsto che l’ammontare del fondo costituisca il limite di spesa riferibile all’intera fase di progettazione, da ripartire tra dipendenti interni e appalti esterni”. Senza un limite di questo tipo, si potrebbe determinare “la possibilità di aumento complessivo delle risorse destinate alla fase di progettazione”