N° 26728 - 18/11/2014 9:52 - Stampa - -

DISCUSSIONE DELLA SETTIMANA

I professionisti: «Le norme non ci contemplano»

In Italia (dati Istat) ci sono 5 milioni e mezzo di lavoratori autonomi. Quasi un quinto (877mila) in Lombardia.

Quelli che svolgono attività professionali – al netto di artigiani e commercianti – sono, in tutto il Paese, 1 milione 286mila persone.

E quasi il 10 per cento di loro (oltre 126mila persone) lo fa a Milano.

Sono architetti, informatici, webmaster, pubblicitari, designer, traduttori, formatori, consulenti nel marketing e nella comunicazione.

Eppure venerdì non c’erano, in piazza Duomo, davanti al palco di Susanna Camusso e Maurizio Landini. Anche se in fatto di tutele per i lavoratori un po’ di cose da dire le avrebbero. Perché è complicato trasformare un terreno, anche se fertile, in un orto che produce frutti, senza gli strumenti adatti.

«Mobilitare i professionisti autonomi non è facile: non hanno luoghi di aggregazione come le fabbriche, al massimo ci sono i coworking.

E non hanno una tradizione in questo senso: sono cani sciolti», spiega Anna Soru, presidente di Acta, l’associazione dei consulenti del terziario avanzato, l’unica realtà in Italia che tiene insieme questo variegato mondo.

Difficile riunirli persino in un convegno, figuriamoci in una piazza: «L’autonomo se quel giorno ha una consegna non viene e basta».

Della piazza di venerdì condividono una cosa: la protesta contro il lavoro gratis, a cominciare dai discussi volontari di Expo contro cui in molti puntano il dito: di fatto si tratta di 35 ore a settimana in cambio di una non meglio precisata «indennità di partecipazione», non certo una retribuzione.

Ma sul Jobs Atc i temi dei professionisti autonomi solo altri rispetto all’eterno dibattito sull’articolo 18. Da quel complesso di norme «gli autonomi non sono contemplati – spiega Soru – né dal punto di vista della maternità, né per quanto riguarda la disoccupazione.

Mentre in altri Paesi europei come in Gran Bretagna o Francia un paracadute anche per chi non è un dipendente è previsto». Stesso discorso per la malattia: «un tempo gli autonomi erano pagati di più, così riuscivano ad assicurarsi in proprio una protezione, oggi che il trend dei redditi è di forte compressione la possibilità di accesso a un’assicurazione privata è molto più limitata». E il punto, precisa la presidente, non è essere pagati anche quando non si lavora perché si ha un raffreddore, ma il dramma di dover far fronte a malattie gravi, come un tumore. Chi affronta patologie così invasive «dovrebbe pensare a guarire, non è possibile che debba continuare a lavorare per poter sostenere le spese delle cure».

Gli autonomi non contestano solo il Jobs Atc. Nonostante i proclami in senso contrario, il famoso bonus degli 80 euro alla fine a loro non è stato esteso. Nella legge di stabilità ci sono 800 milioni destinati alle partite Iva, «peccato che il 60% serva a ridurre il minimo contributivo per artigiani e commercianti», fa notare Soru.

Per gli autonomi, invece, i contributi aumentano: da gennaio verseranno il 28,72%, aliquota destinata a salire fino al 33,72 entro il 2019. «Dalle audizioni alla Camera dicono che non ci sono fondi», racconta.

Del resto per un’associazione che aggrega mondi eterogenei è un po’ più difficile alzare la voce.

 Twitter @giulianadevivo