N° 27583 - 26/02/2015 23:20 - Stampa - -

DISCUSSIONE DELLA SETTIMANA

Architetti e ingegneri? Poveri, ma onesti

I conti delle casse professionali parlano chiaro: i “nuovi poveri”, quelli colpiti maggiormente dalla crisi, sono i professionisti. Una volta considerati rappresentanti di una categoria privilegiata, invidiati per la possibilità di svolgere un lavoro appassionante e remunerativo (a fronte di un lungo percorso di preparazione sia in termini accademici che di “gavetta” sul campo) adesso lamentano una situazione ai limiti della drammaticità.

Nello specifico, per quanto riguarda gli architetti e gli ingegneri, il 27% vive in condizioni economiche al di sotto della soglia di povertà e anche chi guadagna ha visto scendere il suo reddito in modo significativo con un calo fino al 6%.

Paola Muratorio, presidente di Inarcassa (la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri e Architetti Liberi Professionisti) fa i conti nelle tasche di architetti e ingegneri: «I pesanti effetti della crisi sul mercato del lavoro e sui livelli occupazionali hanno spinto le iscrizioni, rendendo apparentemente più appetibile l’esercizio della professione». Ma gli stessi fattori si sono poi riflessi sulla domanda di servizi, contraendola con conseguenze ormai note: «redditi medi in continua flessione, con una perdita del 30 per cento circa, ed emergenze sociali in progressivo aumento».

Secondo i dati di un’indagine condotta dal Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociologiche e di Mercato nell’Edilizia), poi, per quanto riguarda gli architetti il reddito medio della professione è attorno ai 17 mila euro annui, in cinque anni la perdita di guadagno è stata del 40% e in più aumentano vertiginosamente le prestazioni non pagate (il 68% degli architetti vanta crediti nei confronti di aziende private e il 32% verso la pubblica amministrazione).

La recessione e la mancanza di lavoro fa sì che gli studi restino piccoli, con un reddito medio di 38 mila euro, in genere hanno un dipendente non architetto e 1,5 collaboratori a partita Iva. I giovani stanno messi peggio: dopo cinque anni di professione il loro reddito mensile è ancora attorno ai 1.200 euro mensili e il tasso di disoccupazione è attorno al 30%.

L’attuale contesto economico sembra tuttora non consentire ottimismi nei confronti del futuro delle professioni. Eppure nell’opinione pubblica anche architetti e ingegneri, al pari di medici e dentisti, sono dei “furbetti” che dichiarano meno di quanto guadagnano. Si tratta di stereotipi o c’è un fondo di verità? Secondo il presidente di Inarcassa evadere le tasse, in termini previdenziali, non è da “furbetti”, ma da sciocchi irresponsabili perché si mette a rischio la pensione futura. Quindi, conferma, «nessun evasore tra di noi».

Architetti e ingegneri: alla luce del mercato del lavoro, della domanda di servizi e dei salari, restano due professioni appetibili?

«Personalmente ritengo di sì. Ma questa domanda andrebbe fatta al Governo, che non può più ignorare che la ripresa del nostro Paese passa anche dai liberi professionisti. Basti pensare al territorio e alle infrastrutture sociali: non vi è futuro per l’Italia senza quegli interventi indispensabili a riavviare i settori affini al nostro Dna di architetti e ingegneri».

Qual è la situazione attuale di un vostro professionista in termini di occupazione e redditi?

«Il tasso di disoccupazione dei laureati in età 25-34 anni ha raggiunto il 18,6%. È la mancanza di opportunità nel lavoro dipendente che spinge i giovani verso la libera professione, e questo a dispetto del crollo dei redditi (con un -30% dal 2007 al 2013) intervenuto in questi anni di crisi. Gli iscritti a Inarcassa continuano ad aumentare perché, soprattutto per gli architetti, non vi sono occasioni diverse se non quelle di aprire una partita Iva sperando di riuscire a lavorare e sopravvivere. La conseguenza è che parte di loro abbandona la professione, mentre altri rimangono iscritti con fatturati e redditi estremamente bassi».

Quindi cosa significa oggi essere ingegnere o architetto?

«Le professioni di ingegnere e architetto si configurano ancora come professioni dinamiche, attraenti e giovani, però sono mestieri che stanno cambiando: le opportunità di progettare nuovi edifici, saranno sempre meno, mentre cresceranno gli interventi di manutenzione e riqualificazione dell’esistente. Su questi temi è necessario concentrare le competenze».

Nonostante il fatto che la crisi abbia colpito un po’ tutte le categorie nell’immaginario collettivo i professionisti sono “ricchi ed evasori”. Quanto c’è di vero?

«L’idea che i professionisti siano dei privilegiati è uno dei tanti cliché con i quali dobbiamo confrontarci quotidianamente, e che – come la maggior parte dei luoghi comuni – sono spesso frutto di una interpretazione semplicistica di realtà che mal si conoscono. Nessuno sembra voler ricordare che i liberi professionisti sono anch’essi lavoratori, per di più privi di qualsiasi tutela, come la cassa integrazione, e patiscono in misura uguale se non maggiore le difficoltà economiche del Paese rispetto al mondo imprenditoriale».

Volendo fare qualche esempio in termini di reddito?

«Per ingegneri e architetti lo confermano gli ultimi dati certificati: 60.000 nostri associati (40% del totale) hanno dichiarato per il 2012 redditi fra gli 8.000 e i 26.000 euro, e 40.000 (27% del totale) un reddito inferiore agli 8.000 euro e quindi sotto la soglia di povertà. Eppure questi professionisti collaborano anche a finanziare – con i risparmi della spending review che tutte le casse previdenziali sono obbligate a riversare allo Stato – gli 80 euro a favore dei lavoratori dipendenti. Dipendenti fra cui c’è anche chi, nel pomeriggio, svolge la libera professione e accede al contributo grazie all’evidenza fiscale della sola busta paga. Perché i 60.000 nostri iscritti che ricadono nei limiti di reddito di questa agevolazione non vi possono accedere? Sono cittadini di serie B?».

Redditi medi in continua flessione ed emergenze sociali in progressivo aumento. Cosa fa Inarcassa per intervenire?

«In questo contesto Inarcassa, di fronte alle necessità di una popolazione cresciuta in modo esponenziale ma sempre più povera, ha sviluppato un vero e proprio sistema di welfare integrato, con tantissimi servizi mirati alla sicurezza sociale, alla tutela sanitaria e al sostegno alla professione, che solo per il 2014 ammontano a 74 milioni di euro».

Secondo le sue fonti, quanto è diffuso nella categoria il fenomeno dell’evasione fiscale? Di più o di meno rispetto agli altri professionisti?

«Sono stufa di sentir dire che i professionisti sono evasori: in Inarcassa non ve ne sono, perché ormai da molti anni incrociamo i dati reddituali, dichiarati ai fini previdenziali, con quelli dell’anagrafe tributaria. Se esistono professionisti che evadono il fisco, lo Stato li deve perseguire, come deve perseguire qualsiasi altro cittadino che non paga le tasse».

Come fa ad essere sicura che non ci siano evasori tra i vostri iscritti?

«Semplicemente perché basta confrontare la drammatica riduzione del loro reddito con l’andamento degli investimenti in costruzioni».

Attenzione però a non confondere fisco e previdenza.

«Non è “furbo” dichiarare a Inarcassa redditi al ribasso, perché è un “falso risparmio” che mette a rischio l’importo della pensione futura di ciascuno di noi, in special modo ora con il metodo di calcolo contributivo. La previdenza è una conquista sociale irrinunciabile. Un risparmio “volontariamente forzoso” per garantire continuità sostanziale al nostro tenore di vita. In questo senso, la previdenza è una regola, una regola che vale per tutti e che per sua natura deve essere costante e sostenibile nel lungo periodo».