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Con le mega-stampanti in 3D un futuro di case in fotocopia di Carlo Panizza

Inserito da admin Il agosto 19, 2014 @ 3:48 am | Commenti disabilitati

Nel 2011 il prestigioso settimanale britannico The Economist ha dedicato un lungo approfondimento alla tecnologia della stampa in 3D, definendo questi (allora) avveniristici devices un’invenzione il cui impatto sarà paragonabile a quello “della stampa a caratteri mobili di Guttemberg, o alla macchina a vapore di Watt o il transistor della storia recente”. Sembra un decennio fa, e invece, in meno di un lustro, grazie all’eccezionale rapidità dell’evoluzione di harware e software, la stampa in 3D da applicazione accademica è divenuta realtà, con il lancio sul mercato di prodotti ottimizzati per dimensioni, utilizzabilità e con un prezzo abbordabile.

Di stampanti 3D ne vengono lanciate in continuazione sul mercato, anche quello consumer, a prezzi che ormai si aggirano intorno ai 1.000 dollari. Nel primo trimestre 2014, secondo le stime della società d’analisi Canalys, sono state vendute a livello globale 26.800 stampanti 3D. Non si tratta forse di numeri comparabili a quelli della catena di montaggio della Ford T negli anni 30, ma sono pur sempre cifre ragguardevoli, visto che si tratta di un prodotto in commercio su larga scala da poco più di un anno, e che la maggior parte degli acquirenti proviene dal segmento business. Questi rappresentano il 54% del mercato, mentre il 46% delle stampanti 3D è stato comprato da utenti consumer, in crescita rispetto al 43% dell’intero 2013, grazie soprattutto all’aumentata offerta di modelli a prezzi competitivi.

 

Ad accrescere le potenzialità del 3D printing a scopo di produzione anche lo sviluppo dei materiali utilizzabili per la realizzazione degli stampati: inizialmente si potevano usare esclusivamente delle leghe di plastica, che venivano sovrapposte a strati da un braccio robot fino a comporre l’oggetto desiderato. Ora, oltre a leghe plastiche e polimeri, dagli ugelli delle stampanti 3D possono essere estrusi metalli, che siano stati ridotti in soluzione usabile dalle stampanti, così come gli ingredienti alimentari con cui i cake designer danno vita a dolci dalle architetture altrimenti impossibili, o ancora cemento per la realizzazione di immobili

 

La gara per realizzare la prima casa stampata in 3D, peraltro, è già in pieno svolgimento. A Shanghai Winsun New Materials promette di battere tutti in volata. La società cinese ha infatti già completato 10 strutture realizzate con le nuove tecniche di 3D printing che per ora saranno adibite a uffici. Non si tratta infatti di abitazioni di lusso, ma sono in realtà poco più che prefabbricati. Dalla loro hanno però la rapidità di realizzazione: fatte utilizzando quattro stampanti 3D larghe una decina di metri e alte sette, necessitano di 24 ore per essere ultimate, escluse ovviamente le finiture.

 

Intanto, ad Amsterdam, il cantiere per la realizzazione della 3D Print Canal House addirittura un’attrazione turistica: al costo di 2,5 euro, infatti, curiosi e visitatori possono comprare il biglietto per accedere al cantiere e vedere l’enorme stampante in funzione. Il progetto, partito a marzo 2013 con la realizzazione di un modellellino in scala 1 a 20 di una delle tipiche abitazioni che sorgono sulle rive dei canali della capitale dei Paesi Bassi, si è presto trasformato in un’iniziativa concreta grazie allo studio olandese Dus Architects. Questi hanno pensato a tutto, anche all’impatto ecologico di lavori e immobile: la tecnologia utilizzata prevede infatti l’utilizzo di una plastica ottenuta da olio di colza, riutilizzabile in caso di errore nella stampa. In pratica la “stampantona”, montata sull’area del cantiere e qui caricata e messa in funzione, realizza blocchi modulabili di circa 3 metri d’altezza, che vengono poi assemblati sulla base del progetto architettonico. Si tratta cioè di una tecnica non molto differente da quella seguita per i prefabbricati. Con la sostanziale differenza che le modalità di produzione dei blocchi tramite stampa in 3D, realizzati in loco e quindi senza necessità di organizzare trasporti eccezionali, consente un enorme risparmio di tempo e denaro. Con risultati, assicurano dallo studio d’architettura olandese, assolutamente comparabili alle tecniche tradizionali. La casa sul canale, che sarà composta da 13 stanze, la prima delle quali è pressoché già pronta è sarà perfettamente abitabile.

Se tale nuova modalità di costruzione dovesse prendere piede le implicazioni per il settore dell’edilizia sarebbero enormi, e nemmeno ancora tutte chiare o immaginabili. L’Italia, dove esistono norme urbanistiche e costruttive sono molto stringenti cui si sommano altre norme per la tutela del patrimonio artistico e paesaggistico, difficilmente potrà fare da apripista per l’applicazione sui larga scala di questa tecnologia. Senza contare la tradizionale remora al cambiamento e alle novità delle varie associazioni rappresentative dei diversi attori del settore. Ma la possibilità dio realizzare abitazioni stampate in 3D non dovrebbe essere scartata a priori anche nel Belpaese. Basti pensare il caso di calamità naturali, dei relativi soccorsi e lavori di immediato ripristino delle normali condizioni di vita: la maxi stampante potrebbe essere facilmente trasportata si luoghi dei disastri ed essere utilizzata per la rapida realizzazione di sistemazioni d’emergenza, con caratteristiche abitative più civili rispetto ai container.


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